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Metodologia

Quadro teorico di riferimento

    Dalla formazione della persona al patto educativo famiglia agenzie educative
    La Metodologia Pedagogia dei Genitori è unità di teoria e prassi, il quadro di riferimento è l’applicazione dei principi delle scienze umane al contesto sociale.

    Due piani di ricerca: studio della sociogenesi della personalità umana e analisi del contesto sociale, finalizzati a validare conoscenze e competenze educative della famiglia e a inserirle nell’azione politica e nella storia del nostro tempo. Dal privato al pubblico e viceversa per dare cittadinanza alla famiglia.

    Validazione scientifica delle conoscenze e delle competenze educative dei genitori: una volta riconosciute vengono utilizzate a livello sociale, come primo gradino della formazione dell’uomo che si integra con l’educazione scolastica e civile.

    La prima formazione dell’uomo
    Si parte dalla critica all’impostazione positivistica: andare oltre gli obiettivi convenzionali di riduzionismo, spiegazione causale e predizione…Lo studio della mente umana è così difficile, così vincolato dall’essere l’uomo contemporaneamente oggetto e soggetto del proprio studio, che non può limitare la propria indagine all’uso di strategie ereditate dalla fisica di ieri (Bruner 1991).
    Il collegamento è con lo storicismo tedesco che, seguendo le orme di Vico (Vico 1971), propone la storia come luogo della formazione e della conoscenza dell’uomo, distinguendo tra lo stabilire leggi al comportamento umano ( scienza nomotetica) o descriverne la specificità (scienza idiografica).

    L’itinerario prosegue con Dilthey che, in opposizione al positivismo, rivendica le scienze dello spirito, riuscendo a intuire il potere che la cultura riveste nell’alimentare e guidare una specie in continua evoluzione (Dilthey 2004). Egli sottolinea il valore del vissuto, dell’esperienza (Erlebnis), che offre i dati cui si riferiscono le scienze umane. Deve venir integrato con l’intendere (Verstehen), che è rivivere (Nacherleben) e riprodurre (Nachbilden), perché solo così si ha la comprensione degli altri. In parallelo con Theodor Lipps analizza la nozione di empatia (Einfuehlung), sviluppata poi da Edith Stein, come processo conoscitivo attraverso il quale uno prende coscienza del vissuto di un’altra persona (Stein 1985).

    Lev SemenovicVygotskij permette di superare la dicotomia tra una psicologia (Wundt, Ebbinghaus) che inserisce il comportamento dell’uomo nelle scienze della natura, cercando di ridurre eventi psicologici complessi a meccanismi elementari da studiare con metodo sperimentale (Erklaeren). A questa si oppone la scienza descrittiva dell’uomo (Verstehen) che si occupa delle forme più alte dell’esperienza conscia, in una prospettiva mentalistica, limitandosi alla descrizione fenomenologica (Spranger, Scuola di Wurzburg). Lo studioso russo sceglie di analizzare le forme superiori del comportamento, nella loro formazione e nello sviluppo storico, legandole alla loro evoluzione, che avviene tramite la mediazione dell’uomo sull’uomo, con strumenti derivati dalla cultura: i segni, il più importante dei quali è il linguaggio, teorizzando la formazione semiotica della coscienza (Vygotskij 1990).

    Il problema del rapporto tra natura e cultura viene risolto da Vygotskij tramite la trasformazione delle funzioni inferiori legate ai sensi: memoria meccanica, attenzione involontaria, immaginazione riproduttiva, volontà impulsiva, pensiero per rappresentazioni, ecc., nelle funzioni superiori determinate dalla relazione sociale: memoria logica, attenzione volontaria, immaginazione creativa, pensiero concettuale, volontà finalizzata, ecc., (Vygotskij 1974).

    Il riferimento alla Metodologia storico culturale, teorizzata da Vygotskij, specifica il sapere genitoriale: ogni persona ha una cultura, una personalità, frutto dell’intreccio tra la base biologica e la storia individuale che nel suo divenire è conosciuta dai genitori che possiedono un sapere di tipo genetico evolutivo. Fondamentale nel primo divenire di ogni individuo è il Progetto di vita della famiglia genitori.

    Indirizzando la ricerca verso lo studio delle radici sociali della formazione delle funzioni mentali superiori restituisce lo spazio che le scienze umane solo esplicative o solo descrittive avevano tolto all’educazione, alla costruzione dell’uomo tramite la mediazione degli altri uomini. Viene valorizzata la formazione genitoriale, radice dell’educazione di ciascuno.

    L’impostazione scientifica dello studio dell’uomo fondata da Vygotskij permette di proporre le basi per il patto educativo esperti e genitori: i primi hanno conoscenze fondate sulla scienza, di tipo formale, astratto, teorico, generale, la famiglia possiede il sapere dell’esperienza, concreto, quotidiano, situato (Reggio 2010).

    Bruner profondamente influenzato dal pensatore russo, pone le basi per una psicologia culturale e identifica il sapere dell’esperienza contenuto in quella che definisce psicologia e pedagogia popolare (Bruner 1991). La modalità specifica di espressione del sapere genitoriale è la narrazione, strument essenziali della Pedagogia dei Genitori per l’esposizione degli itinerari educativi della famiglia, utile alla determinazione delle sue conoscenze (Bruner 1996). Il valore della narrazione (Formenti 2002), funzionale all’identificazione della persona per inserirla nella storia, è sanzionato dalle conclusioni del dibattito filosofico sviluppato dal saggio di Hannah Arendt sulla condizione umana (Arendt 2009): L’approccio narrativo è l’unico in grado di garantire la specificità degli attori e degli eventi storici (Forti 2006).

    Alexander R. Lurija, neurologo e collaboratore di Vygotskij, inserisce la dimensione scientifica della narrazione nella scienza dell’uomo che egli definisce romantica, una scienza che conserva integra la realtà degli eventi concreti complessi a fronte di una scienza che va dal semplice al complesso, dai fatti concreti alle formulazioni astratta di leggi generali (Lurija 1983), aprendo la strada alle grandi narrazioni del neurologo Oliver Sacks in cui la trattazione scientifica si collega alla ricerca dell’identità della persona (Sacks 1995).

    Wittgenstein, contemporaneo di Vygotskij, pone le basi per il riconoscimento del sapere della famiglia. La sua concezione sociale, naturalista e strumentalista della formazione dell’uomo permette una critica dello psicologismo, dell’intellettualismo e della costruzione astratta e decontestualizzata della persona (Larrosa Bondia 1999). L’interazione e la partecipazione a un gruppo sociale vengono considerati aspetti costitutivi e non semplicemente contestuali del suo sviluppo. Conoscenza e linguaggio sono fenomeni naturali che costruiscono le persone e la vita, il modo col quale gli individui vivono e interagiscono, sono strumenti e segni che hanno senso nel contesto e nell’uso quotidiano (Wittgenstein 1999).

    Questa concezione è condivisa da Freinet che nella sua azione di educatore parte dalla vita, dall’insegnamento che parte dal sapere quotidiano (Freinet 1976) e si esprime nella pratica comunicativa; il metodo naturale è espressione e comunicazione, per lui, come per Wittgenstein, fondamentale nelle scienze umane è l’analisi concreta di situazioni concrete, l’errore è cercare nel profondo, dimenticare le differenze e ricercare solo le generalità (Freinet 1975). Colpisce l’analogia con la pedagogia vygotskiana delle vette rispetto alla psicologia del profondo.

    Seguendo il metodo storico culturale Clotilde Pontecorvo identifica nella conversazione familiare l’ambito e lo strumento per la costruzione dell’identità, delle relazioni affettive e soprattutto la via all’interiorizzazione di valori, norme e regole di vita attraverso la mediazione (Pontecorvo 2007). Impostazione condivisa da Roberta de Monticelli, che vede nell’interazione genitoriale la guida all’individuazione primaria, il diventare persona tramite la mediazione, propedeutica all’individuazione secondaria, da cui emerge la soggettività consapevole (de Monticelli 2010).

    E’ l’azione della cultura della famiglia che possiede il sapere fondamentale al quale ricorrere per conoscere l’identità del singolo, al quale può accedere solo il professionista che si mette in discussione e atteggiamento di ricerca (Formenti 2000).

    Vi sono presupposti che, collegando atteggiamento morale e scientifico, permettono di individuare il sapere genitoriale. E’ l’Etica del riconoscimento (Sparti 2003), che permette di scoprire e rivelare l’umanità dell’altro, partendo dalla coscienza della sua dignità (Ricoeur 2004). Ha valore per il singolo, ma anche per una categoria generale come la famiglia. Permette di diventare consapevoli che occorre attribuire alla genitorialità conoscenze e competenze. E’ qualità del professionista che diventa riflessivo (Schoen 1993, aperto alla relazione e al cambiamento, in grado di riconoscere il sapere degli altri, di mettere in discussione sé e le conoscenze acquisite, accogliendo l’identità di tutti, costruendo alleanze paritarie (Donati 2011).

    La consapevolezza della dignità e della complementarietà del sapere della scienza e di quello dell’esperienza determina la Posture of Cultural Reciprocità, l’Atteggiamento di reciprocità culturale, adottato negli Stati Uniti, in particolare nelle relazioni tra le famiglie, la scuola e la sanità (Harry, Kalyanpur, Day 1999). E’ alla base del Patto educativo scuola famiglia sanità, promosso dall’ente locale, basato sul riconoscimento delle conoscenze e delle competenze educative della famiglia.


    Dare cittadinanza alla famiglia
    L’affermarsi della sociogenesi della persona pone la costruzione dell’uomo al centro delle relazioni sociali, la formazione si afferma come atto politico. Il primo ambito formativo è quello della famiglia al quale va attribuito e riconosciuto dignità di azione civile, facendo emergere la sua attività dalla attuale privatizzazione delle relazioni di crescita determinata dall’utilitarismo e dal consumismo (Hochschild 2006). Si tratta di attribuire all’azione formativa della famiglia dignità di cittadinanza attiva, con la certezza che le persone sono portatrici non solo di bisogni, ma anche di capacità e inoltre che è possibile che queste capacità siano messe disposizione della comunità per contribuire a rispondere insieme con le amministrazioni pubbliche alle esigenze collettive (Arena 2006).

    Al centro di questa operazione viene posta la famiglia valorizzandone l’azione formativa del figlio, futuro cittadino. Occorre sgombrare il campo da pregiudizi psicologici e sociali che impediscono di individuare e farsi carico del valore della genitorialità. Professionisti della formazione come Gustavo Pietropolli Charmet (Pietropolli 2006) o Giovanni Bollea (Bollea 1996) scrivono testi in cui smontano sospetti e credenze sulle responsabilità negative dei padri e della madri. Frank Furedi dell’Università di Canterbury in un saggio sulla famiglia contemporanea propone un capitolo: Professional Power and the Erosion of Parental Authority dove analizza l’influenza degli esperti sulla genitorialità (Furedi 2001).

    In ambito sociale lo studioso americano Banfield in un testo degli anni ’60 (Banfield 1958, nuova ed. 2006) accredita l’idea di familismo amorale determinando la generalizzazione di un concetto che identifica nella famiglia l’antistato, la disgregazione del senso di comunità. Gabriella Turnaturi, sociologa dell’Università di Bologna, sostiene il familismo morale, proponendo uno spazio per il riconoscimento dell’impegno civile della famiglia, sottolineando che l’ampliamento del discorso pubblico, il riconoscimento di più discorsi pubblici sono connessi all’attivazione come pubblico di soggetti percepiti socialmente e autopercepiti solo come privati (Turnaturi 1991). Il riferimento è anche alla valenza politica degli affetti. Paradigmatico è il movimento delle Madres y abuelas de Plaza de Mayo, le mamme e le nonne dell’argentina Piazza di Maggio: Madri e nonne non più dei singoli figli ma di tutti i trentamila desaparecidos, che hanno fatto della genitorialità un potere irrevocabile, capace di generare sogni, progetti e relazioni in una straordinaria testimonianza di pratica politica che va ben oltre la storia argentina; come afferma il loro slogan: “las madres ya non lloran, ahora luchan” (Oria 2005).

    La famiglia deve esser resa cosciente di queste sue capacità, occorre costruire strumenti in grado di rendere la comunità e i professionisti che si occupano di rapporti umani consapevoli di queste risorse per utilizzarle. Emerge una doppia convergenza: dalla società alla famiglia e dalla famiglia alla società in uno scambio reciproco.

    Paulo Freire pone al centro della presa di coscienza la storia di ciascuno, situata all’interno della storia collettiva. Parte dalla concezione di oppresso e ogni genitore è oppresso se non è consapevole della sua dignità formativa (Freire 2002). Occorre prender coscienza nominando il proprio mondo e la propria azione formativa attraverso la narrazione. Esperienza e narrazione sono in rapporto dialettico. L’alfabetizzazione del sapere e della dignità dei genitori avviene narrando e scrivendo l’itinerario educativo compiuto col figlio. Ognuno diventa autore e storico della propria attività educativa che diventa biografia, esistenza, storia. Il genitore costituisce e conquista storicamente la propria forma. La pedagogia diventa antropologia e l’antropologia finisce per esigere e comandare una politica (Fiori 1971). Narrando dei figli attraverso temi generatori ogni famiglia si consapevolizza e può affermare il risultato della sua liberazione con le stesse parole di una donna partecipe dei circoli di cultura di Freire: Mi piace raccontare di questo perché è così che vivo. Mentre vivo però non vedo Adesso però osservo come vivo.

    Nella pedagogia di Freire nessuno si coscientizza separatamente dagli altri, il fulcro è il circolo di cultura dal quale è nato il Gruppo di narrazione di Pedagogia dei genitori dove l’esperienza si dona e trasmettendola agli altri diventa coscienza collettiva e coscientizzazione del singolo.

    Nel Gruppo di narrazione si raccolgono gli itinerari educativi dei genitori che emergono dai Giacimenti culturali educativi come Beni comuni immateriali (Pennacchi 2012), funzionali allo sviluppo sociale. Le narrazioni dei genitori rendono visibile il capitale sociale (Donati 2003) invisibile costituito dall’educazione.

    Si delinea il peso che la famiglia nei suoi compiti formativi assume nell’evoluzione da un welfare puramente assistenziale ad un welfare riflessivo e relazionale derivato dall’intelligenza sociale e dalla care in cui viene riconosciuto il sapere dell’esperienza. Le capacità di ragionamento e di decisione dei professionisti girano facilmente a vuoto se non si interconnettono con altri piani di sensatezza (Folgheraiter 2008).

    L’obiettivo è quella della coeducazione, sviluppo necessario del patto educativo in cui ai genitori viene riconosciuta la stessa dignità dei professionisti che si occupano di rapporti umani. Politiche sociali basate sulle conoscenze e le competenze educative della famiglia permettono di sviluppare progetti educativi condivisi di emancipazione e socializzazione.

    Riprendere gli ideali della genitorialità diffusa significa creare un approccio collettivo e individuale al vivere insieme in cui valori personali e civili si uniscono per uno sviluppo sociale durevole (Jésu 2004).


    PER UNA VERIFICA DELLA VALIDITA’ DELLA METODOLOGIA
    La verifica nell’ambito delle scienze umane è azione necessaria ma complessa. Necessaria perché deve rispondere a criteri di oggettività e positività, si agisce sul corpo sociale e sull’individualità delle persone, occorre dare risposte funzionali alla generalizzazione e alla diffusione della Metodologia. Si lavora sulla persona su gruppi di persone Ognuno è diverso, come la sua reazione, che dipende dal contesto, dalla situazione personale e collettiva.

    E’ difficile individuare unità di misura che riducano a numero il risultato; nello specifico di Pedagogia dei Genitori si tratta di crescita umana tramite la presa di coscienza delle competenze e delle conoscenze dei genitori.
    La critica ai vecchi criteri di valutazione nelle scienze umane apre la strada a nuove ipotesi di valutazione. La tradizionale valutazione nelle scienze dell’uomo è esplicitamente modellata su metodi che sono stati applicati alle scienze naturali e biologiche. Le ricerche principali sottolineano la definizione e la misurazione di variabili astratte con presunzione che siano generalizzanti se non universali. L’esperimento è il paradigma ideale di ricerca. La quantificazione permette di testare statisticamente le ipotesi. Questo approccio che domina ancora è stato oggetto di diverse e valide critiche I critici hanno sostenuto che questi metodi estranei (presi a prestito) non sono applicabili allo studio degli aspetti significativi dell’azione e dell’esperienza umana. In particolare al significato e al linguaggio (Bruner 1991).

    Ogni narrazione è autovalutazione, presa di coscienza: propone un bilancio dell’azione educativa della famiglia, indicandone l’itinerario storico. E’ metacognizione che si propone come autovalutazione; nella narrazione orale e scritta si pesano le proprie aziono, le si traduce in parole, si individuano percorsi educativi che assumono forma comunicabile. Ogni narrazione è anche valutazione del metodo, diventa adesione alla richiesta fatta di avviarsi lungo un itinerario di ricerca comune e mettersi in gioco. Spesso nei Gruppi di narrazione si fa un giro di opinioni per chiedere a tutti come si sono sentiti nell’ambito dell’esposizione e generalmente la risposta è positiva.

    Pedagogia dei Genitori è presa di coscienza educativa, costruzione di reti di genitorialità, formazione di professionisti che si occupano di rapporti umani. La valutazione di una crescita viene proposta da chi ne è protagonista, ne è autore.

    L’attività della Metodologia riguarda da una parte la coscientizzazione dei genitori dall’altra la formazione degli esperti ed è possibile adottare metodi legati alla dimensione qualitativa della valutazione. La tecnica da adottare per la Metodologia è l’osservazione partecipata, legata strettamente alla specificità delle azioni e degli strumenti che le appartengono, connotati da empatia e condivisione. La caratteristica aperta di questo approccio permette di valutare in modo libero e soggettivo e non esser ingabbiati in domande strutturate e preparate in anticipo. La verifica in termini di metacognizione viene fatta spesso al termine di un gruppo di narrazione e diventa un’ulteriore co-costruzione del progetto (Denzin Lincoln 2000). Tramite i loro giudizi i partecipanti arricchiscono di senso la loro partecipazione collettiva. La verifica viene condotta in termini di soggettività e crescita. La valutazione qualitativa viene condotta all’interno del contesto in cui il fenomeno da osservare avviene; contesto non solo spaziale, umano ma anche temporale, storico (Bogdan Biklen 1998). La valutazione è descrittiva, assume una forma narrativa in cui emerge il significato, il senso che le persone danno alla propria vita e a quello che fanno. Il metodo è induttivo, non si ricercano dati non si verificano ipotesi. L’attenzione è verso la crescita umana, il processo che avviene per gradi.

    Nelle formazioni fatte agli esperti si chiede loro di fare una valutazione narrativa con l’aiuto di domande-guida non invasive quali: Quali sono gli aspetti che hanno maggiormente interessato e/o colpito nella formazione?. Come utilizzare gli elementi di riflessione scaturiti dall’incontro con la Metodologia Pedagogia dei Genitori? Quali suggerimenti vorrei dare per una miglior conduzione della formazione?

    La valutazione diventa narrazione che permette di individuare il grado di coinvolgimento e partecipazione alla Metodologia e soprattutto i valori identificati in itinere, la crescita in termini di cambiamento individuale e di collegamento in termini di rete. Il tipo di valutazione si collega alle caratteristiche del sapere esperienziale, alle qualità della genitorialità.

    Le valutazioni degli esperti che partecipano alle formazioni secondo la Metodologia riguardano l’adesione al riconoscimento delle competenze delle conoscenze dei genitori e sono complessivamente positive. Individuano nella narrazione dei genitori la fonte diretta del sapere e della loro attendibilità e ne testimoniano l’ascolto come momento altamente formativo in cui qualcosa in loro è cambiato. Riconoscono come la formazione abbia creato in loro la convinzione del valore della genitorialità come professionalità.

    Propongono formazioni congiunte con le famiglia per acquisire linguaggi, esperienze ed anche strumenti di lavoro comuni. Accettano la possibilità di inserire tra i documenti ufficiali la presentazione del figlio fatta dai genitori. Sottolineano quanto sia costruttivo per la loro professionalità la proposta di un approccio olistico alla crescita dei minori e alla positività della famiglia. Per impostazione professionale sono obbligati ad affrontare situazioni legate al bisogno e ai problemi. Imparano a superare la conflittualità con la famiglia determinata da ottiche diverse. Individuano la necessità di più incontri di formazione sulla famiglia per creare una nuova cultura della relazione con i genitori.

    Apprezzano la possibilità di un patto educativo fondato sul riconoscimento delle reciproche competenze e conoscenze. Testimoniano la certezza che per capire la persona più che test standardizzati è necessaria la visione genetico evolutiva contenuta nelle narrazioni. Sottolineano come la formazione narrativa dei genitori abbiano dato loro più spinta e desiderio di migliorare la loro professionalità. Le valutazioni diventano così lettere d’intenti per una maggior valorizzazione del patto educativo.


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