Per educare un bambino ci vuole un villaggio.

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Strumenti

Con i nostri occhi

    Strumento della Metodologia Pedagogia dei Genitori èla presentazione del figlio scritta dalla famiglia. Ogni individuo è caratterizzato da una personalità, frutto della sua vicenda umana e delle sue esperienze. 

    I genitori sono esperti del figlio: una conoscenza di tipo genetico evolutivo, caratterizzata dalla specificità e dall’unicità della persona, basata sull’itinerario compiuto assieme a lui. Lo scopo della presentazione è la condivisione della conoscenza del figlio e dei compagni di classe, in modo da costruire una genitorialità diffusa.

    I genitori usano il linguaggio della quotidianità, lo presentano ai docenti e agli altri genitori in termini evolutivi, seguendo il processo di crescita giorno per giorno. Si integra in questo modo la rete tra le agenzie che contribuiscono allo sviluppo della personalità dell’allievo, ciascuna con le sue competenze e specificità. I genitori presentano il figlio con l’immediatezza e l’empatia che li contraddistingue. Danno una visione a tutto tondo della sua soggettività, indicandone le caratteristiche, le preferenze, le relazioni all’interno della famiglia, le amicizie, le capacità che ha sviluppato e le sue potenzialità, elementi che solo lo stretto rapporto, come quello tra genitore e figlio, può far emergere. Non nascondono difficoltà o problemi, ma non li enfatizzano e propongono la personalità del figlio nella sua complessità.


     Pedagogia dei Genitori sostiene metodologicamente la presentazione della famiglia, base per il patto educativo nel quale le competenze dei genitori e degli insegnanti si alleano nell’interesse del figlio-alunno. E’ strumento prezioso, elaborato secondo le caratteristiche, le esigenze e gli interessi del ragazzo, posto in primo piano con nome e cognome.


    Le presentazioni possono contenere alcune foto e le seguenti informazioni:

    • CHI SONO?
    • LE COSE CHE MI PIACCIONO
    • LE COSE CHE TROVO DIFFICILI
    • MODI COI QUALI  COMUNICO
    • MODI COI QUALI PUOI AIUTARMI
    • QUELLO CHE DEVI CONOSCERE DI ME (il superamento delle difficoltà)
    • QUELLO CHE VOGLIO TU SAPPIA DI ME (il contributo alla crescita degli altri)



    Con i nostri occhi è strumento utile a favorire la continuità nel passaggio da un ordine di scuola all’altro, ma non solo. Nel percorso di integrazione degli alunni in situazione di handicap, Pedagogia dei Genitori propone di affiancare alla diagnosi la presentazione del figlio Con i nostri occhi, in sintonia con le indicazioni legislative che evidenziano la dignità pedagogica delle scelte dei genitori. La presentazione fornisce ai docenti, ai compagni, alle altre famiglie e agli esperti i mezzi per interagire con la bimba o il bimbo con difficoltà. L'integrazione degli allievi diversamente abili, secondo la normativa, inizia con la diagnosi medica, fondamentale dal punto di vista riabilitativo, ma non per l'ambito educativo, dato che l’insegnamento interviene sugli elementi positivi. La persona è un’unità in cui tutto è connesso nell’interazione tra organi, funzioni e capacità. E’ quanto indica l’ICF (International Classification of Functioning) approvato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001, in cui si raccomanda di passare da un modello unicamente medico a un modello sociale basato sulla persona.



    Famiglia e integrazione
    A più di trent’anni dalle prime norme che hanno dato fondamento giuridico all’integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap, dobbiamo ricordare la somma di sforzi, impegno e lotte dei docenti e dei genitori per realizzare il diritto all’istruzione garantito dalla Carta costituzionale. Diritto che non possiamo considerare realizzato una volta per tutte. La stessa Costituzione viene messa in discussione e con essa i principi che sostengono le esigenze di civiltà della scuola di tutti e di ciascuno. Vengono tolte a scuole e enti locali risorse che minano  i diritti dei diversabili.

    La famiglia è sempre in prima linea per la realizzazione dell’integrazione scolastica e sociale dei figli. Un esempio è la lotta per garantire l’accesso dei diversabili all’istruzione superiore. Furono i genitori che, rivendicando il diritto della figlia a passare dalla media al successivo ordine di scuole, fecero ottenere la sentenza della Corte costituzionale del 1987, esempio di dignità e obiettività giuridica. La stessa famiglia, chiamata nel 1997 a intervenire nel corso di un Convegno che celebrava la ricorrenza, declinò l’invito: ricordare il difficile cammino percorso avrebbe causato eccessiva sofferenza.

    Dietro a conquiste di civiltà vi sono impegno e energie che vanno onorati nella difesa dei principi raggiunti. Occorre fare un bilancio dell’integrazione, e rilanciarne la validità e il percorso per raggiungere nuovi e più avanzati obiettivi. 



    Identità e diversamente abili
    L’integrazione è fatta anche di atti formali che ne scandiscono la realizzazione. Secondo le indicazioni della pedagogia giuridica garantiscono l’attuazione dei diritti nell’interesse delle persone in situazione di handicap. Devono indicare adempimenti dovuti e riconosciuti. La certezza del diritto è sempre proposta nell’interesse delle persone più deboli. Occorre considerarli in termini di civiltà e progresso, in evoluzione, in miglioramento rispetto alla situazione in cui sono stati proposti. La legge segue e indirizza l’evoluzione del consorzio umano.

    Un aspetto dell’emarginazione dei diversabili è stato il mancato riconoscimento della loro identità collettiva: non esistevano socialmente, non esistevano giuridicamente, non esistevano storicamente. Rivendicare la loro presenza in tutti gli aspetti dell’attività umana è un atto di giustizia, un risarcimento che permette di reintegrarli nella loro identità culturale.

    Nei secoli l’emarginazione è stata evidente e dichiarata. Solo dopo la Rivoluzione francese è stato rivendicato il loro diritto all’educabilità: dall’abate de L’Epèe, per i sordi, da Celestino Hauy, per i ciechi e più tardi da Edouard Séguin, per coloro che venivano definiti handicappati mentali. Il Positivismo, con uno scientismo spesso ostile ai valori e ai diritti della persona, giudicò che andavano ri-abilitati e attribuì la loro sorte all’ambito medico e all’assistenza. Chi era gravato da un deficit doveva esser classificato a seconda della tipologia, assistito e curato in strutture chiuse, con indicazioni che provenivano esclusivamente dal campo sanitario. Le lotte della seconda metà del secolo che ci precede hanno riproposto la necessità di un’integrazione scolastica e sociale che riconosca la pienezza dei diritti dei diversabili e rivendichi  il loro essere persona a tutti gli effetti.

    Anni di assistenzialismo e medicalizzazione non li hanno solo segregati, ma hanno costruito nella mente delle persone stereotipi e luoghi comuni. Hanno fatto considerare una situazione come la diversabilità una malattia che andava curata a vita. La patologizzazione dei problemi ha portato a sottolineare i lati negativi rispetto a quelli positivi. Una classificazione basata su sintomi esterni o interni ci ha abituato a considerare le particolarità, gli indizi e non l’unità della persona. L’assistenzialismo ha portato con sè il compatimento, la pietà, la commiserazione. Le lotte e la consapevolezza dovrebbero consolidare nelle leggi il rispetto per la persona e i suoi diritti. Tuttavia rimangono ancora residui di vecchie concezioni e mentalità che si annidano anche nelle indicazioni dettate dalla normativa.

    Le situazioni
    La persona in situazione di handicap spesso viene definita per ciò che non è o non ha: non vedente, non udente, non deambulante, non pensante. Persone non problemi è il titolo di un libro di don Ciotti. Partire solo dal deficit provoca in chi deve accogliere lo studente handicappato una reazione di rigetto talvolta giustificabile. Se è un ammalato, che venga curato, se ha problemi specifici, se ne occupi un esperto, al massimo lo prenda in carico lo “specialista scolastico di situazioni problematiche, l’insegnante di sostegno.

    La diagnosi è fondamentale dal punto di vista medico-riabilitativo: occorre conoscere la patologia e la parte offesa per intervenire, ma non lo è in ambito educativo. E’ importante conoscere i decibel e le diottrie per mettere la persona nelle migliori condizioni per essere educata. L’insegnante tuttavia interviene sugli elementi positivi, non edifica sulle negatività. Sottolineare gli aspetti efficienti di una persona ha un effetto di trascinamento: fondare su ciò che esiste permette di recuperare anche là dove vi sono problemi. La persona è un’unità in cui tutto è connesso nell’interazione tra organi, funzioni e capacità.

    Nei Documenti della sperimentazione nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, pubblicati negli “Annali dell’Istruzione” (5-6 2001, 1 2002), in riferimento al capitolo Handicap e cultura pedagogica, alla pag.141 si sottolinea che :”Non bisogna mai definire nessuna persona per sottrazione: non ha, non sa fare, non può fare questo e quello…Collocare il problema degli allievi in situazione di handicap nel contesto della generale valorizzazione delle differenze, serve a condannare le fughe tecniciste, siano esse di tipo psicologizzante oppure riabilitativo e medicalizzante. Queste prospettive sono più etiologiche che prospettiche; guardano più alle cause che ai fini; colgono e lavorano più sui deficit che sul positivo”.

    Nella scuola è necessario conoscere i bisogni educativi comuni a tutti, vedere la persona nella sua complessità, considerarla in termini evolutivi. “Pensami adulto”, sottolinea Mario Tortello, con uno slogan che riassume i valori dell’integrazione. Pensare adulto l’allievo significa immaginarne la crescita, coinvolgendo le persone interessate al suo divenire. Collegare, come indica la lettera e lo spirito della Legge 104/92, l’ambito sanitario e quello educativo: curanti, docenti e genitori.

    La legge quadro per l’handicap ribadisce l’importanza dei genitori nel percorso dell’integrazione. La famiglia è titolare della richiesta di certificazione ed è presente nei gruppi di lavoro, sul singolo studente, come il Gruppo tecnico PEI o per tutta la scuola, come il Gruppo di istituto per l’integrazione scolastica. E’ titolare di diritti perché autrice di educazione e ricca di competenze guadagnate nel corso dell’itinerario formativo del figlio. L’empatia e la condivisione dei genitori ne determinano la crescita. Le loro conoscenze spesso non vengono riconosciute a livello scolastico e sociale. Campagne mediatiche descrivono la famiglia debole e incompetente. I genitori dovrebbero seguire corsi tenuti da esperti per ottenere una patente. Ogni quotidiano o settimanale ospita regolarmente articoli sui pericoli connessi all’essere genitori.

    Testimoni privilegiati
    I genitori che hanno figli in situazione di handicap devono esser più genitori degli altri, rispondere a sfide speciali, compiere scelte difficili, affrontare una realtà sociale spesso impreparata. Come le altre famiglie praticano valori concreti: la pedagogia della fiducia, della speranza, della responsabilità e dell’identità. Contribuiscono in modo efficace alla crescita fisica e morale dei figli condividendo attimo dopo attimo la loro vita, aiutandoli nelle scelte, sostenendoli nei periodi difficili.

    Dal 1995 molte classi ospitano genitori che narrano agli allievi i percorsi di vita dei figli diversabili. Vengono organizzati corsi di aggiornamento per docenti su Pedagogia dei Genitori. Molti comuni propongono la formazione del personale educativo secondo una metodologia che vede le famiglie protagoniste. I genitori sono chiamati come formatori da Aziende Sanitarie Locali e intervengono con le loro narrazioni di fronte a medici e infermieri.

    Ciò produce nei genitori una maggior consapevolezza delle loro competenze e della  loro presenza sociale che rende più incisivo l’apporto all’interno delle istituzioni. Chi professionalmente è incaricato di occuparsi di rapporti umani riconosce nei genitori interlocutori validi con i quali stipulare un patto educativo.


    I genitori presentano i figli
    La Metodologia Pedagogia dei Genitori propone di affiancare alla diagnosi, nel percorso ufficiale di integrazione, la presentazione del figlio, un adempimento in sintonia con le indicazioni legislative sulla dignità pedagogica delle scelte della famiglia.

    Caratteristica della presentazione dei genitori è dare continuità a un itinerario che viene spezzettato tra le varie agenzie che si occupano del figlio e nel passaggio tra i vari ordini di scuola. Sono i titolari dell’educazione e delle scelte che compiono nell’interesse del figlio, lo conoscono intimamente e sono testimoni del tempo famiglia trascorso al di fuori dell’impegno scolastico.

    Alla diagnosi e al profilo proposto dai genitori si affianca la relazione osservativa della scuola. Si integra in questo modo la rete tra le agenzie che contribuiscono alla crescita della personalità dell’allievo, ciascuna con le sue competenze e specificità.

    Con gli occhi dei genitori
    Pedagogia dei genitori è stata riconosciuta e finanziata dalla Comunità europea nell’ambito del programma di educazione permanente Socrates Grundtvig 2. Genitori italiani, scozzesi e francesi si sono incontrati per tre anni, scambiandosi informazioni e metodologie e soprattutto raccogliendo narrazioni e presentazioni delle famiglie. Nonostante  le diversità socioculturali ed economiche l’impegno e la dedizione dei genitori si sono rivelati gli stessi.

    Rispetto alle altre nazioni europee l’Italia è grandemente avvantaggiata. La sua legislazione, unica nel mondo, prevede l’obbligo dell’adempimento scolastico per tutti, qualsiasi sia la tipologia e la gravità dell’handicap. I capi di istituto che non accettano iscrizioni possono esser denunciati per omissione di atti d’ufficio. 

    Gli incontri europei sono stati fruttuosi: è stato elaborato un modello di presentazione dei figli diversabili denominato Con i nostri occhi, presentato alla Commissione europea come uno dei risultati del Progetto.
    In Italia la presentazione dei figli da parte dei genitori viene attuata a più livelli.  Il GLIP (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale) di Torino ha curato e diffuso in tutte le scuole il modello Con i nostri occhi come esempio di buone prassi. In molte istituzioni scolastiche la presentazione Con i nostri occhi viene inserita accanto ai documenti ufficiali dei percorsi di integrazione degli alunni in  situazione di handicap.


    Protocolli e intese fra varie istituzioni, Scuole, Direzioni scolastiche regionali, Comuni, ASL, Associazioni, Consorzi socio assistenziali sono stati stipulati con lo scopo di  formalizzare la Metodologia Pedagogia dei Genitori e lo Strumento Con i nostri occhi come mezzo funzionale all’integrazione scolastica e sociale.